uno scatto ogni tanto

martedì 25 ottobre 2011

Il senso di Lars per la Melancholia

La depressione secondo Lars Von Trier si chiama Melancholia, come il titolo della celebre incisione cinquecentesca di Durer, come la "bile nera" dei medici dell'antica Grecia, come un film crudele e pastoso, apocalittico e confuso, elegantissimo e senza speranza, che inizia come "Festen" e finisce come una versione bergmaniana e intima di "Armageddon".

Melancholia è il nome di un pianeta in rotta verso la Terra, che nello scontro, presto la distruggerà.

"Melancholia" è il diario filmato di un depresso geniale. La sua terapia diventa - forse - una condanna per gli spettatori: angoscia, lentezza anticlimax, confusione, un mix apparentemente insensato di silenzi allarmanti e Wagner sparato a tutto volume.

Se si superano una serie di ostacoli, però, alla fine c'è una ricompensa emotiva e filosofica. Immagini che resteranno, inquadrature affascinanti e sapienti, pensieri alti, domande esistenziali che spiazzano e suscitano reazioni.

"Melancholia" è meno disturbante di "Antichrist" e più massimalista di "Dogville". Naturalmente, le imperdonabili sparate filonaziste del regista all'ultimo Festival di Cannes hanno fatto un cattivissimo servizio al film, che si nutre di disagi e malessere, ma anche di una provocazione davvero autentica e interessante.

Il film è diviso in tre parti. C'è un breve prologo visionario e anticipatore, che attinge da inquietanti suggestioni pittoriche della storia dell'arte, tra Fiamminghi e espressionismo. Seguono i due capitoli dedicati alle due sorelle protagoniste. La bionda infelice e la bruna razionale. La sposa intorpidita e senza volontà e la moglie e madre aggraziata e fragile. La figlia minore che ride ma sembra altrove, attorcigliata intorno al suo dolore indicibile e la sorella maggiore che accudisce e organizza, ama e odia, si ribella e ubbidisce.

C'è una sontuosa festa di nozze in una dimora altrettanto sontuosa affacciata sul mare scandinavo. C'è una limousine bianca che va fuori strada, presagio di una serie di catastrofi successive. C'è un wedding planner isterico (e con il ghigno di Ugo Kier), un cognato scienziato ricchissimo, cafone e positivista (Kiefer "24" Sutherland, disturbante come il padre nei film degli anni '70), un padre gaudente e bigamo, una madre sprezzante e anticonformista (con i lividi occhi di ghiaccio di Charlotte Rampling), invitati molesti, un datore di lavoro vendicativo, uno sposo innamorato e comprensivo che alla fine non ce la fa e se ne va. C'è il palpabile disagio di una donna che nel giorno in cui dovrebbe essere massimamente felice, protagonista e oggetto di troppe aspettative borghesi, si nasconde, cade addormentata, gioca con il nipotino, scopa con uno a caso, si rifugia tra le ombre e i ricordi di un'infanzia che presumiamo difficile e triste.

Ma la malinconia individuale della sventurata e quasi veggente Kirsten Dunst (brava e coraggiosa, con la sua bellezza nordica, i movimenti sgraziati e i lineamenti da bambina paffuta) si trasforma nel secondo capitolo nella minaccia sempre più concreta della "melancholia" universale: il bel pianeta azzurrino che minaccia la Terra, inesorabile e pericoloso nonostante gli scienziati minimizzino i rischi.  Protagonista qui è la sorella Claire (Charlotte Gainsbourg, alla seconda prova consecutiva con Von Trier, impeccabile, vibrante ed elegantissima anche nei momenti di massima disperazione), l'anima assennata e per bene della famiglia, attanagliata dalla paura per il futuro.

Il suo terrore inutile e vano - così comprensibile, così umano - diventa la chiave per entrare nel cuore del pessimismo sul mondo e sull'umanità che il film presenta e crudelmente impone. Ma se il mondo borghese crea solo sofferenza e crudeltà, se i riti sociali sono frequentati soltanto da maschere grottesche, se la Terra brucerà, se l'umanità è destinata all'estinzione, forse solo i pazzi (o i depressi) avranno il privilegio di vivere tutto questo con uno stato d'animo pacificato, lucido e in qualche modo eroico.

1 commento:

  1. Questa recensione (ma forse recensione è riduttivo) è molto meglio della maggior parte delle robe che si leggono sui giornali...
    Grande!!!

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